Raffaele De Grada:  Sull’onda della speranza con la scultura di Maineri 

 Preziosi gli incontri di artisti che fino al termine degli anni cinquanta del secolo scorso permettevano allo scrupoloso critico d’arte, che era anche un giornalista, di verificare anno per anno attraverso le mostre a premi, le sindacali, le regionali, la presenza e l’evoluzione degli artisti nuovi e più interessanti. Oggi capita al contrario che nella confusione del prepotente dilettantismo, artisti di buona qualità sfuggano alla conoscenza anche dei più attenti. E’ per me il caso dello scultore Angelo Maineri La sua scultura presentata da UNICEF è molto felice. Dà veramente il senso del rifugio offertocol cuore che pulsa fino alla provvida mano, che non è meccanico rifugio ma, come si suol dire in milanese “col coer in mann” che potrebbe essere il titolo dell’opera. Lo scultore ha voluto infatti far prevalere un concetto fondamentale: l’umanità non può, non deve autodistruggersi con le guerre e con l’odio, la natura non è sempre amica, da un momento all’altro essa può volgersi contro di noi e noi uomini dobbiamo prestarci aiuto fra noi nel modo più semplice: le donne diventano tutte madri e gli uomini tutti padri e fratelli. Noi possiamo perfino nelle accademie di belle arti distruggere il senso tradizionale della forma; ma come potremo , da Michelangelo in poi, sintetizzare l’aiuto dell’uomo all’uomo meglio che con l’arte, con la figurazione discreta di cui Maineri è il nostro portatore?

Milano, Marzo 2006