Mario De Micheli

 “Maineri, uno scultore di terrecotte”, Catalogo della mostra, Varese, 17 Ottobre 1998

 

Sono stato a trovare Maineri nel suo studio; un lungo viaggio attraverso tanti paesi lombardi, sino a Comerio, in quel di Varese. Ho visitato la sua libreria, folta di molti volumi non solo d’arte, ma di critica e poesia. Accanto c’era un pianoforte. «Lo strimpello», egli mi dice, «perché amo l’opera lirica». E, naturalmente, ho visto le sue sculture.

 Maineri ama la terracotta in maniera particolare. Le sue sculture la prediligono. Quando, lo scorso anno, per il sacro Monte di Varese, ha eseguito le due grandi immagini della Natività, ancora una volta ha adoperato la terracotta. Il suo studio ne è disseminato. In genere sono figure che si alzano su alti piedistalli: donne e uomini, ora intrecciati con lenzuoli e ora semplicemente nudi. Talvolta sembrano investiti da un vento impetuoso, sempre tuttavia legati e trasfigurati dalle sue esperienze umane.

  Il suo studio è assai grande, ma con lui sono disceso anche là dove si dedica al suo lavoro specifico di scultore. Si apre su un grande giardino ed è qui che egli lavora. Ecco, è soprattutto davanti a questo vasto giardino che nascono le sue più importanti sculture.

  Egli modella l’argilla con grande energia espressiva, con impulso vivo ed intensità. La fiamma del fuoco dà forma alle sue immagini dalla creta alla terracotta, al bronzo.

  E’ così ch’egli si assicura i suoi risultati senza incertezze e dubbi. Le sue “prove” hanno la garanzia e la qualità dell’opera definitiva e riuscita. Le conclusioni non sono mai approssimative perché i risultati hanno esito sicuro, ottenuto attraverso una esperienza a lungo provata.

  E’ dunque così che Maineri risolve i suoi problemi: con la convinzione cioè di avere superato i dubbi e le incertezze di ogni sua prova.